Alberto Sordi

⇒ 24 febbraio 2003. Alberto Sordi. In questa data moriva l’ottavo re di Roma, Alberto Sordi, attore tra i più amati di tutti i tempi. Aveva 82 anni. Un paio di mesi prima, il 17 dicembre 2002, la sua ultima apparizione pubblica al Teatro Ambra Jovinelli, un saluto ufficiale al pubblico che tanto lo ha amato, prima di spegnersi per un tumore ai polmoni nella sua casa di Roma. L’immensa partecipazione ai suoi funerali mostrò fino a che punto la nazione continuava a riconoscersi nella maschera con cui egli era stato sempre identificato. Dopo la cerimonia funebre, il feretro venne tumulato nella cappella di famiglia nel cimitero monumentale del Verano di Roma, in cui, su una lapide a forma di pergamena, è inciso l’epitaffio:
«Sor Marchese, è l’ora» battuta ripresa da uno dei suoi film più celebri, Il marchese del Grillo
Il più grande attore del cinema italiano era nato nel centro storico di Roma. Di famiglia piccolo-borghese, istrione fin da piccolo, sia pure per un pubblico di coetanei, allievo cantore nel coro della Cappella Sistina, vinse diciassettenne un concorso per dare una voce italiana a Oliver Hardy. Intraprese così una discreta carriera di doppiatore.
 
Subito dopo la guerra diventò popolare alla radio, con vari personaggi comici. Dopo comparsate e apparizioni in parti minori in più di venti film tra il 1937 e il 1948, approdò a un ruolo di protagonista in Mamma mia, che impressione! (1951), diretto da Roberto L. Savarese.
 
Sul Corriere della Sera di mercoledì 26 febbraio 2003, viene ricordato il grande attore italiano con l’articolo di Tullio Kezich: “La faccia del cinema che nascose se stesso”, nel quale possiamo leggere:
 
«“Presidente, nomini Alberto Sordi senatore a vita” invocava in prima pagina questo giornale il 15 giugno del 1995 mentre l’interessato festeggiava il settantacinquesimo compleanno. Inutile avere oggi rimpianti perché la proposta cadde allora nel vuoto. Alcune delle obiezioni erano già previste: “Il laticlavio concesso a un attore? A un comico? A un macchiettista?”. Però, aggiungeva l’articolo, nell’anno centenario dell’invenzione dei fratelli Lumière bisogna avere il coraggio di guardare il cinema in faccia; e la faccia del cinema nel nostro Paese non può essere quella di Alberto Sordi»
 
Alberto Sordi

Corriere della Sera di mercoledì 26 febbraio 2003

«Ci piaceva perché ci compiacciamo, e non ci piaceva perché non ci piacciamo. In ogni personaggio di Alberto Sordi, amatissimo gestore del luogo comune e della retorica nazionale, c’è il nostro destino più goffo. Di sicuro c’è Sordi nei nostri ospedali, dove il dottor Tersilli, con una marchetta per colonna sonora, continua a ricoverare i sani a pagamento e a mandare a casa i malati senza soldi. C’è Sordi a Montecitorio, in ogni onorevole spocchioso e sospettabile di corruzione. E c’è Sordi persino nei politici che stanno organizzando, domani in piazza San Giovanni, un altro funerale di propaganda, manifesto programmatico di un’identità»

Francesco Merlo

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