Disastro dello Space Shuttle Challenger

⇒ 28 gennaio 1986, disastro dello Space Shuttle Challenger. Erano le 11:38 del 28 gennaio 1986, quando lo Space Shuttle Challenger decollò per la sua decima missione dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, Florida. A bordo c’erano 7 astronauti: Dick Scobee, il comandante, e i colleghi Michael John Smith, Ronald McNair, Ellison Onizuka, Gregory Jarvis, Judith Resnik e Christa McAuliffe, la prima insegnante addestrata per un volo spaziale, che avrebbe dovuto trasmettere di lì a poco la prima lezione di scienze dallo Spazio. Non ci arrivò mai: a 73 secondi dal lancio, il traghetto spaziale si disintegrò in aria, in seguito al guasto di una guarnizione nel razzo a propellente solido destro che provocò una fuoriuscita di fiamme e il cedimento del serbatoio esterno dello Shuttle, pieno di ossigeno e idrogeno liquidi. Si consumò così uno dei peggiori disastri della storia dell’esplorazione spaziale.
 
L’inviato speciale Giuseppe Josca sulla prima pagina del Corriere della Sera di mercoledì 29 gennaio 1986 scrisse:
 
«La voce fredda del direttore di volo continuava a fornire dati sulla missione del Challenger, altezza, velocità, inclinazione. Ma le sue parole erano già sovrastate dall’urlo che si levava dai tecnici della sala di controllo e dalla folla che a Cape Canaveral assisteva al lancio. La navetta spaziale era scomparsa dalla vista degli spettatori e dagli schermi della televisione; o meglio era avvolta, ingoiata, da un enorme globo di fuoco, da un’esplosione che lacerava il cielo limpido della Florida» […] «Il direttore del volo ha detto col suo tono professionale: “A quanto pare abbiamo una serie di malfunzionamenti”. In realtà quel che stava accadendo era la completa disintegrazione del Challenger»
 
Disastro dello Space Shuttle Challenger

La Gazzetta dello Sport di mercoledì 29 gennaio 1986

«Si sono visti i due razzi piroettare come impazziti, poi puntare verso il mare lasciandosi dietro una scia di fumo. La navicella è stata fatta a brandelli e tre quarti d’ora dopo l’incidente pezzi del relitto ancora cadevano in mare, flottando nell’aria come foglie morte»

Giuseppe Josca

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