Giorgio Gaber

⇒ 01 gennaio 2003, Giorgio Gaber. Considerato una delle figure più importanti nella storia della musica e della cultura italiana del XX secolo, Giorgio Gaber, il cui vero nome era Giorgio Gaberscik, ma per tutti il Signor G, si è spento il 1º gennaio 2003. Un inizio di anno amaro per il mondo della musica, del teatro e dello spettacolo.

Durante le vacanze con la sua famiglia nella casa di campagna a Montemagno di Camaiore, il carcinoma ai polmoni diagnosticato nel 1997 ha spento definitivamente la vita dell’autore. La sua lunga e variegata carriera artistica ha spaziato dal teatro alla musica, passando per la televisione producendo spettacoli che mescolavano musica e monologhi, spesso di forte contenuto sociale e politico. Ha affrontato temi come l’alienazione, la solitudine, la politica e la ricerca della libertà individuale. La sua eredità artistica continua oggi ad avere un impatto significativo sulla scena culturale italiana.

Sul Corriere della Sera di giovedì 2 gennaio 2003 nell’articolo “Testimone e complice di tutti noi” Giovanni Raboni scrisse:

«Siamo un po’ meno giovani, da ieri; e non solo perché abbiamo alle spalle, ufficialmente, un anno in più, ma anche perché con Giorgio Gaber è scomparso un pezzo importante del nostro passato e dunque della nostra identità e dunque anche, oserei dire, del nostro futuro. Autore, attore, cantante, uomo di spettacolo inesauribile e in qualche modo indefinibile, Gaber è stato soprattutto uno straordinario testimone/complice di quello che ci è capitato – che è capitato a noi milanesi, a noi italiani, a noi esseri umani – in questi ultimi 40 anni: testimoni tutto, dalle più scandalose speranze alle più malinconiche delusioni»

Giorgio Gaber

 

Corriere della Sera di giovedì 2 gennaio 2003

«Appartengo, con qualche anno in più, alla stessa generazione di Gaber, e quello che in questo momento provo e sto cercando di dire potrebbe sembrare dunque un discorso chiuso in un certo tempo, un discorso storico: le passioni degli anni ’60, la disperazione degli anni ’70, le sconfitte di una interminabile, amara fin de siècle»

Giovanni Raboni

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