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3 novembre 1985. Stadio San Paolo di Napoli. Siamo alla metà del secondo tempo della nona giornata del massimo campionato. In campo si affrontano nel freddo pomeriggio autunnale la splendida Juventus costruita da Boniperti e il dotatissimo e ricco Napoli di Ferlaino. Ore 15.57, punizione a due nell’area bianconera. «Da qui la palla non passerà mai» sussurra Eraldo Pecci al 10 azzurro in procinto di calciare. Ma l’arte di Diego Armando Maradona si sà…non la si può annullare né a tavolino né in campo. C’è sempre la possibilità che scocchi la scintilla del suo genio calcistico. Con una carezza mancina disegnò un arcobaleno impossibile, entrato nell’immaginario di tutti i tifosi. Difficile trovare una logica in quel tiro, probabilmente perché una logica non c’era. Il diabolico calcio di punizione dell’asso argentino, radiocomandato alla perfezione nell’angolino alto alla sinistra di Stefano Tacconi sgretola il muro juventino. Candido Cannavò nell’articolo di fondo scrive: «La Juve ridiscende sul pianeta Terra dopo la sua missione spaziale e vi ritrova un Napoli entrato di slancio tra le grandi potenze del nostro calcio».
La Gazzetta dello Sport di lunedì 4 novembre 1985
«Invocato da tutta l’Italia calcistica non juventina, Maradona non s’è tirato indietro: un suo missile terra-aria radiocomandato alla perfezione nell’angolino alto alla sinistra di Tacconi ha battuto la Juventus, impedendole di continuare ad inanellare vittorie su vittorie, record su record»
Lodovico Maradei
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