Una domenica senza sport

⇒ 05 febbraio 1995, una domenica senza sport. Era il 29 gennaio 1995 quando il giovane tifoso rossoblù Vincenzo Spagnolo venne ucciso a coltellate dall’ultrà milanista Simone Barbaglia prima della sfida di campionato Genoa-Milan. L’omicidio dette una violenta scossa al mondo del calcio. Il presidente del Coni Mario Pescante, a seguito di un confronto con l’associazione calciatori, impose – non senza polemiche – una domenica di sospensione. Fu la prima interruzione del massimo campionato italiano, esclusi i periodi a cavallo tra le due guerre mondiali. Seguiranno gli stop al campionato per la morte in servizio dell’ispettore Filippo Raciti per gli scontri nel derby Catania Palermo del 2 febbraio 2007 e la morte di papa Giovanni Paolo II il 3 aprile 2005.
 
La Gazzetta dello Sport di domenica 5 febbraio 1995 dedica una sovra copertina speciale all’omicidio di Spagnolo dal titolo “Non si può morire per una partita”. All’interno, in occasione della giornata di silenzio dello sport italiano, l’intervento del capo della Polizia Ferdinando Masone:
 
«Per tutti gli appassionati dello sport, la giornata di oggi, forse, non sarà domenica e, per una volta, non sarà celebrata la festa del calcio. Gli stadi resteranno aperti solo ai ricordi, tutti osserveranno una pausa di silenzio, ciascuno dovrà riflettere sulla insensata , folle degenerazione che, la settimana scorsa, è costata la vita ad un ragazzo di soli venticinque anni […] Il rinnovato impegno degli Organi federali e delle società sportive, il prezioso contributo del mondo della cultura, lo sforzo massimo delle Autorità, gli invocati interventi normativi concorreranno, nel loro insieme, a rendere possibile, nella piena legalità, il confronto tra le varie tifoserie, confronto che auspico possa assai presto tornare ad essere incontro tra quanti condividono i valori dello sport»
Non poteva mancare l’intervento del direttore Candido Cannavò, che nell’articolo di fondo “Quella voce nel silenzio” esprime il suo pensiero sulla triste vicenda:
 
«In questa domenica di silenzio, ci rivolgiamo un augurio: di non dover per i prossimi cent’anni aprire la “Gazzetta” con quel titolo “Fermiamoci”, vistoso, perentorio, a tutta pagina, che ci insegue dall’inizio della settimana. È stato duro, doloroso per noi lanciare quel grido, dopo la tragedia di Marassi. Sapevamo quante responsabilità ci portavamo dietro, quanti rischi e quante speculazioni avremmo incontrato. Ma come, proprio la “Gazzetta”, la grande madre dello sport italiano, spinge il suo mondo verso una fermata totale? Non è uno sfregio al mito dell’andare avanti a ogni costo di cui lo sport si è sempre ammantato? Non rinneghiamo una sola lettera di quel titolo che pur ci feriva»
 
Una domenica senza sport
 

La Gazzetta dello Sport di domenica 05 febbraio 1995. Sovracopertina e prima pagina

«“Non si può morire per una partita”. Dalla tragedia sgorga un’implorazione. E noi la facciamo nostra, consegnandola scarna, integra, nuda alla gente che ama lo sport e crede che il male non sia imbattibile. La domenica del silenzio ha la voce straziata di un padre: ascoltiamola»

Candido Cannavò

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